martedì 10 dicembre 2013

venerdì 13 settembre 2013

domenica 11 agosto 2013

Intervento al 30° campeggio rivoluzionario della IV internazionale in Grecia 2013


Buona giornata a tutte/i
Sono socio della rimaflow coop, e dell'associazione OccupyMaflow, entrambi nate lo stesso giorno in cui è stata chiusa la fabbrica presso cui ho lavorato per circa 17 anni.
La Maflow è una società nata negli anni '70 il settore merceologico di appartenenza è produzione di tubazioni per il settore automobilistico, in principio si producevano tubi per l'idroguida, successivamente la produzione si è spostata sulle tubazioni di aria condizionata, i clienti importanti:  BMW, Fiat, Scania.
Nel 2007 il gruppo industriale con una manovra finanziaria truffaldina viene acquistato da una fondo privaty equity ad un prezzo superiore dieci volte il valore reale, il tutto senza una valutazione di un organismo terzo due diligenze. Nel semestre successivo tutti i debiti contratti dal fondo vengono rivoltati (caricati) sulla società, e in una di queste operazione lo stesso capannone dove oggi si trova la rimaflow viene ceduto ad una banca unicredit poi viene ripreso in affitto ad un prezzo molto più alto rispetto al mercato.
Nel 2008 al primo sentore di crisi economica, in america fallisce la enron, leman brother, la maflow va in crisi economica, all'epoca si lavorava su tre turni con 350 dipendenti in forza, la bmw era il principale cliente con l'80% del fatturato ed era l'unica società in crescita nel settore auto.
Maggio 2009 la Maflow va in amministrazione straordinaria, gestita dai commissari nominati dal governo, inizia l'odissea, nel Novembre la bmw toglie gli ordini da tre turni di lavoro si passa alla cassa integrazione a zero ore. Abbiamo protestato per riavere il nostro posto di lavoro e le nostre commesse fino a Monaco di Baviera, davanti la sede di BMW. E' importante sottolineare che la BMW nel pieno della crisi economica ha portato la produzione in Germania dove il costo del lavoro era più alto, adottando una politica protezionistica voluta dalla Merkel.
La Maflow di Milano non aveva possibilità di sopravvivere, senza ordini produttivi e senza il capannone, dai tre turni di produzioni è diventata un deserto, tenuta viva solo dal presidio delle Lavoratrici e dei Lavoratori che non ci stavano  alla chiusura della fabbrica.
Solo la lotta e la tenacia dei Lavoratori ha fatto si che la società venisse venduta all'asta come unico corpo e non come pezzi di ricambio, ho detto venduta? in realta regalata ad un gruppo Polacco con 80Lavoratori su 350. Sia per il  sidacato che per i Lavoratori Il mantenimento in vita dello stabilimento sarebbe significato  la possibilità di rientrare a lavorare in un secondo momento, coscenti che avremmo dovuto seguire per altri periodi di lotte.
Il padrone ha iniziato da subito la sua lotta, scegliendo i dipendenti da assumere, ha scelto ottanta crumiri, nessuno di questi nel momento della chiusura nel 2012 si è opposto al licenziamento mè stata fatta una battaglia per prendere più soldi a titolo d'incentivo.
Il gruppo dei cassintegrati che sono rimasti fuori dalla Maflow 2010, nel frattempo ha continuato a incontrarsi, dopo due anni  con altri Lavoratori abbiamo fatto un analisi su 250 lavoratori espulsi dalla Maflow nel 2010, la maggior parte di questi è rimasto a casa, qualcun altro ha fatto dei lavoretti con le agenzie interinali con  incarichi di 5/6 mesi al massimo in un anno, le donne sono ritornate a fare i mestieri nelle case, atttività che fino a qualche anno precedente era destinato agli immigrati, una decina ha svolto lavori socialmente utili, ma questi lavori durano il tempo dell'ammortizzatore sociale; pochissimi hanno trovato lavoro, grazie ad amicizie e comunque con condizioni di reddito inferiori rispetto alla Maflow.
In Italia l'allora governo Monti tagliava i diritti alle Lavoratrici e i Lavoratori, e  il Ministero Fornero tagliava i fondi destinati al Walfare, eliminando la mobilità un  ammortizzatore sociale molto usato in Italia.
Si è deciso allora di dover fare qualcosa per evitare di farsi risucchiare nella spirale della precarietà.
Abbiamo elaborato, sfruttando dei corsi di formazione della provincia di Milano un piano industriale per il recupero delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, e successivamente siamo andati in Regione Lombardia a chiedere un area industriale abbandonata, e dei mezzi di produzione che aziende come la Maflow abbandonano per trasferire le produzione all'estero. Con una motivazione precisa "risarcimento sociale" .
Nello stesso periodo la maflow polacca ha deciso di chiudere gli stabilimenti, abbiamo  subito proposto ai nostri colleghi la possibilità di occupare la fabbica quando ancora era attiva, questi ultimi hanno rifiutato la proposta e hanno acconsentito alla chiusura della fabbrica per 20/25 mila euro. Il nostro gruppo ha approfittato di una contraddizione del sistema finanziario, in cui ancora non si capisce bene chi è il conduttore del sito ex maflow, e abbiamo occupato l'area.
Abbiamo costituito una cooperativa Ri-Maflow, e l'associazione Occupy Maflow. Utilizziamo la forma giuridica che è più conveniente secondo le opportunità. I soldi li abbiamo recuperati da un vecchio fondo di resistenza che avevamo costruito nella lotta del 2009/2010. Abbiamo iniziato a lavorare organizzando concerti e recuperando delle apparecchiature obsolete che abbiamo venduto. Ad oggi i soci della cooperativa sono 17, 12 dei quali sono lavoratori altri 5 sono soci volontari. Il nostro progetto ha la missione di dare un opportunità a tutte quelle persone che pensano di non averne, stiamo ospitando due rifugiati politici che lo stato Italiano prima ha accolto poi ha abbandonati in mezzo alla strada.
Anche gli stessi capannoni sarebbero stati abbandonati al degrado a noi piace pensare che gli abbiamo dato una nuova opportunità, i soci sono potenziali disoccupati dentro la nostra associazione hanno nuove prospettive. Con questa premessa su quale attività economica potevamo impegnarci? il recupero delle cose che gli altri considerano rifiuti, il recupero dei vecchi mestieri che la società industriale fordista ha distrutto, il recupero del territorio sfruttato da un agricoltura di tipo intensivo inquinato con l'uso eccessivo di fertilizzanti chimici; la nostra spinta è stata aiutare noi stessi ripulendo il pianeta ecologicamente.
Tradotto in attività significa che oggi nella Rimaflow:
  • recuperiamo vecchi elettrodomestici, computer, che rivendiamo ad un prezzo minimo.
  • abbiamo costruito un gruppo solidale di acquisto, che stimola gli associati ad un consumo critico sostenendo gli agricoltori del parco sud di milano che usano un agricoltura biologica e attenta al territorio, in questa direzione il 7 settembre facciamo un iniziativa "la ripassata" in cui facciamo il sugo con la spremitura dei pomodori del parco agricolo sud Milano.
  • prossimamente apriremo una falegnameria, con corsi di formazione.
  • Metteremo a disposizione l'area agli espositori di merce usata, ma anche agli artisti che lavorano recuperando pezzi usati.
  • Stiamo cercando dei medici per aprire un ambulatorio sociale.
  • Attività culturali, come: corsi di teatro, canto,ballo, corsi d'inglese, informatica ed altro ancora.
Il nostro progetto " la cittadella dell'altra economia" si è ispirato alle fabbriche recuperate Argentine, ma anche alle società di mutuo soccorso nate in Italia inizi 1800, da  Lavoratori che vivevano il dramma della mancanza dello stato sociale, dell'assistenza e della previdenza, la possibilità di far studiare i propri figli. Agli inizi del 1900 quando la maggioranza dei Lavoratori era iscritto a queste società e si erano costruiti il diritto, lo stato è intervenuto sequestrando tutti i soldi di queste società oganizzando un walfare che oggi hanno smantellato.
Con questi esempi positivi ma anche con altri abbiamo trovato la forza per iniziare e successivamente continuare il nostro percorso per la difesa del reddito e del lavoro.

La nostra battaglia insieme alle altre che si stanno svolgendo , officine zero a Roma, Communia, un colorificio abbandonato in provincia di Pisa, e altre che stanno nascendo  unite alle lotte come la Viome in Grecia devono avere la finalità di far approvare una legge sull'espropriazione degli spazi che gli altri, gli imprenditori hanno lasciato liberi e abbandonati, a favore delle Lavoratrici e i Lavoratori che potrebbero usare quelle strutture per costruirsi una nuova opportunità.

Questo tipo di vertenzialità dovrebbe dare nuove possibilità ai Lavoratori che vivono una situazione di crisi, anche la vertenza sindacale se arricchita di questa possibilità ritrova maggiore forza. La maggior parte delle lotte fatta dei sindacati in una situazione di crisi è la ricerca di un nuovo imprenditore che voglia rilevare la società in fallimento o l'area delocalizzata, più delle volte questo padrone non arriva e se dovesse arrivare è solo per  fare speculazione, nel caso in cui i Lavoratori hanno l'opportunità di prendersi l'area, allora anche l'imprenditore deve mostrare reale interesse perchè il progetto di autoorganizzazione dei Lavoratori sarebbe un alternativa concreta.

Purtroppo in Italia il sindacato è molto arretrato da questo punto di vista, i sindacati concepiscono l'organizzazione di tipo capitalistico con un padrone, magari i sindacati di base sviluppano una forma più conflittuale, ma il padrone anche per questi ultimi deve essere la controparte. Molti Lavoratori che hanno fatto grosse vertenze con presidi lunghissimi, lotte impossibili sui tetti, sulle torri, sulle gru, finito il rapporto di lavoro hanno perso il contatto anche con il sindacato. Non esiste un sindacato dei disoccupati. Il nostro progetto deve unificare le lotte dei Lavoratori con le lotte dei precari e dei disoccupati, degli studenti. Per costruire una società nuova  che superi i privilegi tipici del capitalismo e del fascismo che esso ha generato.

venerdì 12 luglio 2013

Caro/a 
RIMAFLOW È ORMAI UNA REALTÀ ! Aiutaci a far vivere questo progetto.

Puoi farlo partecipando alla RI-PASSATA DI POMODORO
organizzata da FuoriMercato, Gruppo di acquisto solidale (e non solo), 
che verrà prodotta in RiMaflow (via Bocaccio, 1 Trezzano sul Naviglio) 
il 7-8 settembre (e a cui sei invitato a partecipare, è previsto anche il pranzo insieme).

Prendiamo le ordinazioni per acquistare i pomodori: quanti LITRIte ne servono? 

Il prezzo che ipotizziamo è di circa 3 euro al litro (non di più): 
comprende una parte che rimarrà a sostegno della Cooperativa Ri-Maflow (www.rimaflow.it)  

Per le prenotazioni mandare mail a Claudia Giella (gattocastore@gmail.com) entro il 3 agosto.

Ciao Matteo e Claudia

P.S.
Ognuno porta i propri vasetti o bottiglie.
Chi ha pentoloni, spremipomodori e fornelli ce lo segnali. Grazie !

mercoledì 10 aprile 2013


Maflow Trezzano, l’utopia diventa realtà: gli operai fanno rinascere la fabbrica, “senza padroni”

Maflow Trezzano Occupata Rinasce

La Maflow di Trezzano sul Naviglio (Milano) produceva componenti per le industrie automobilistiche più importanti. Dal 2008 la crisi, più o meno giustificata, poi il passaggio di mano nel 2009 e quindi la chiusura. Risultato: 320 lavoratori a casa. Ora, negli spazi dell’ex stabilimento nel frattempo tornati nella mani della banca creditrice, gli operai hanno fatto rinascere un’attività. Un segnale importante di lotta e speranza per il lavoro
Una fabbrica rinasce sulle “ceneri” dell’ex stabilimento grazie ai suoi ex operai. Succede a Trezzano sul Naviglio, alle porte di Milano. Qui la crisi ha mietuto decine di vittime tra le aziende. Tra quelle chiuse definitivamente c’è anche la Maflow, fino al 2008 tra i più importanti fornitori italiani del settore automobilistico: produceva tubi per gli impianti di climatizzazione.

La vicenda della Maflow è complicata. Con la “scusa” della crisi, nel 2008, l’azienda che è sana e ha tantissime commesse improvvisamente va in crisi. Nonostante i tentativi di rilancio e le battaglie sindacali l’azienda declina rapidamente, finchè nel 2009 ne viene dichiarata l’insolvenza.
Rsu Maflow
Poi c’è il tentativo di recupero di un imprenditore polacco, che però coinvolge solo 80 dei320 dipendenti ex Maflow. Poi il nulla, tutti a casa. Ma i lavoratori non ci stanno, e mentre i capannoni dove sorgeva l’area produttiva dai liquidatori passano in mano alle banche creditrici, gli operai pensano di utilizzare gli spazi e le attrezzature ancora disponibili per re-inventarsi un lavoro.
Detto fatto: occupano la ex fabbrica e poi ottengono con insistenza l’autorizzazione della nuova proprietà (una società del gruppo Unicredit) ad utilizzarne gli spazi, quasi 30mila metri quadri. E coinvolgendo una rete di persone che comprende disoccupati di altre fabbriche chiuse dell’ovest milanese e persino alcuni imprenditori locali, si rimettono al lavoro.
Che fare però? L’idea parte da quel che resta nei capannoni della ex Maflow: rottami ferrosi e altri macchinari in disuso. Di qui l’idea di aprire una vera e propria attività di ricicleria di materiali ed attrezzature  dismesse. Cose piccole per iniziare, per cui non servono grandi attrezzature: computer, piccoli motori, elettrodomestici vengono smontati pezzo per pezzo per essere riciclati.
L’attività sta in piedi? I promotori, che si sono regolarizzati in cooperativa (con un primo nucleo di 10 persone) dicono di si. Prendono contatti con le amministrazioni locali per far conoscere la nuova attività, la “ri-Maflow” e soprattutto ci credono: la “fabbrica senza padroni” sta prendendo forma e attorno a se sta raccogliendo le speranze di molti disoccupati dell’area, una volta cuore industriale dell’ovest milanese. Qui c’è l’appellopubblicato lo scorso gennaio alla vigilia della costituzione della nuova cooperativa.
Michele Morini, uno degli ideatori di questo progetto, ha detto al quotidiano onlineLinkiesta “ora la cooperativa non è ancora in grado di produrre degli stipendi per tutti. Ma la speranza è che in futuro potremo magari comprare dei macchinari e crescere ancora, diventare di nuovo 200-300 operai e tornare occupare ancora tutti gli stabilimenti”.

importante

Per chi deve e vuole fare la conciliazione, per recuperare i tremila euro ( nessuno è obbligato) il 18 aprile 2013 nella sede di occupy maflow in Via Boccaccio 1 a Trezzano sul Naviglio dalle ore 9 per la consegna dei documenti (carta d'identità e iban), e nel primo pomeriggio verrà l' ad di maflow per le firme. L'attività è autogestita, significa che ci finanziamo la carta, la fotocopiatrice i locali ecc. ecc. il costo è di 15 euro. ( oltre alle numerose ore di telefonate per spiegare tutti particolari a ognuno)

giovedì 7 marzo 2013

martedì 29 gennaio 2013

UNA COOPERATIVA, SI’... MA NON SOLO! UN’IDEA PRECISA CE L’ABBIAMO, AIUTATECI A REALIZZARLA


  Vogliamo costituirci in cooperativa, ma non in una cooperativa qualunque, tanto meno di quelle – estremamente negative – utilizzate dalle aziende per dividere i lavoratori, ottenere appalti al ribasso, supersfruttare i dipendenti. Vogliamo anzi riprendere i fondamenti delle storiche ‘società operaie di mutuo soccorso’ dell’800, nate agli albori del movimento operaio: solidarietà, uguaglianza, autogestione.

   Ma deve essere anche una cosa nuova, che vuole mandare un messaggio a tutte e tutti coloro che si trovano nella stessa situazione: in primo luogo quelle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori espulsi dal processo produttivo, che hanno cercato di resistere ai licenziamenti (con vertenze, ecc.), i cui ammortizzatori sociali sono al termine e che non trovano più lavoro; ma vogliamo mandare un messaggio anche ai disoccupati, ai precari, ai giovani che un lavoro non lo trovano: uniamo le forze perché le resistenze e le difficoltà sono tante per ottenere Lavoro, quindi Reddito e Dignità.

   Non possiamo aspettare di finire in miseria o aspettare illusoriamente che qualcuno trovi la soluzione per noi, dobbiamo darci da fare per cominciare a risolvere il problema, individuando percorsi vertenziali che ci consentano di ottenere i mezzi per poter avviare un’attività, nei confronti dei padroni e delle istituzioni. Noi le occasioni di lavoro le stiamo individuando concretamente, puntando in primo luogo sul versante ecologico, nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente: l’attività di riutilizzo/riciclo-km zero di materiali; è una necessità della società, è un lavoro concreto, è una fonte di reddito e vogliamo essere messi nelle condizioni di avviare un’attività per noi ora e per tutti coloro che ne hanno bisogno in prospettiva.

   Noi partiamo in particolare dalla storia della Vertenza della Maflow di Trezzano, in cui – dopo lo sperpero fraudolento di risorse della vecchia proprietà che ha portato all’amministrazione straordinaria un’azienda più che produttiva e con clienti tutt’altro che in crisi – il nuovo padrone polacco Boryszew ha comprato anche lo stabilimento di Trezzano insieme a tutto il gruppo, solo perché la lotta di lavoratori e lavoratrici l’ha imposto come vincolo: passati i due anni di legge, non solo non si è rilanciata la produzione come promesso riassumendo i cassintegrati, ma anche i pochi dipendenti assunti sono stati licenziati e lo stabilimento ha chiuso definitivamente. La proprietà del terreno e dei capannoni è di una società legata a Unicredit.

Ma noi diciamo con forza che questa fabbrica non appartiene nè a Boryszew né a Unicredit, ma a tutti i lavoratori e le lavoratrici Maflow che vi hanno lavorato per anni e che si trovavano in amministrazione straordinaria: ad essi dovrebbe come minimo essere affidata come risarcimento socialee noi lo rivendichiamo. La partita non è affatto chiusa con la fuga del polacco.

   Ora è a Unicredit che chiediamo una parte dei capannoni in comodato d’uso per l’avvio della cooperativa: no a speculazioni edilizie, sì all’utilizzo produttivo del sito. Non restiamo con le mani in mano; vogliamo intraprendere da subito una strada di autoproduzione per garantirci un reddito e vogliamo farlo da subito presentando il senso più profondo del progetto di unire le forze per conquistare Lavoro, Reddito e Dignità: per questo da subito ci siamo uniti anche con lavoratori espulsi da un’altra azienda, la Novaceta di Magenta, con cui abbiamo condiviso negli anni un percorso di lotta, e con  giovanicon i quali condividiamo la realizzazione del progetto di cooperativa autogestita e che ci aiuteranno sia sul piano tecnico che materiale, a partire dall’autofinanziamento.

   Vogliamo quindi alludere alla nascita di un nuovo soggetto, che vada oltre la tradizionale e sacrosanta difesa sindacale del posto di lavoro che ognuno occupa e che vada oltre la rivendicazione politica, altrettanto giusta, del diritto al lavoro e al reddito. Vogliamo dar vita a un Movimento per il  Lavoro, il Reddito e la Dignità che unisca lavoratrici e lavoratori espulsi dalla produzione, precari, disoccupati e studenti senza futuro che sperimenti da subito attività lavorative autogestite, ecologicamente sostenibili ed eticamente responsabili, ottenendo dalle controparti private e pubbliche non assistenza ma risorse finalizzate (spazi per lavorare, attrezzature, finanziamenti agevolati, nuove legislazioni di sostegno).

   Ci ispirano non solo le società di mutuo soccorso storiche, ma anche le esperienze straordinarie figlie dell’attuale crisi e dei tradizionali squilibri del sistema economico-sociale: dalle fabricas recuperadasargentine, al movimento dei Sem Terra brasiliano, dalle esperienze di autogestione in Grecia e Spagna, paesi a cui l’Italia si sta rapidamente adeguando. Coscienti che senza organizzazione e lotta niente ci verrà regalato, ma sicuri dell’appoggio dell’opinione pubblica e della possibilità di estensione di questo progetto in tutto il paese. In fondo negli anni della ricostruzione post-bellica in Italia esempi simili sono statil’occupazione delle terre dei latifondisti e i cosiddetti ‘scioperi alla rovescia’ (ossia la realizzazione di attività legate a bisogni sociali insoddisfatti, rivendicandone il pagamento dalle istituzioni col sostegno dei cittadini interessati).

   I partiti e le istituzioni che ne sono espressione nulla hanno fatto in questi anni per garantire Lavoro, Reddito e Dignità, anzi hanno contribuito a peggiorare la situazione per salvare gli interessi di speculatori e affaristi. Oggi siamo in piena campagna elettorale e diciamo a tutti di evitare di venire a farci promesse: guardatevene bene tutti! Se volete aiutarci – così come qualsiasi soggetto individuale o collettivo, partito o sindacato, ognuno a seconda del suo ruolo e delle sue possibilità – sottoscrivete per la cooperativa, partecipate alle iniziative di autofinanziamento, pubblicizzate la nostra lotta, contribuite a realizzare le condizioni materiali per avviare la nostra attività. Propaganda non ci serve!

   Questo non è rifiuto della politica o qualunquismo. Questo è dire No alle vergogne della politica e rimettere al centro i bisogni concreti delle persone.

   Quali sono le parole del nostro progetto?
Lavoro, Diritti, Autogestione…per sperimentare una fabbrica senza padroni, dove tutti percepiscono lo stesso salario e dove si attua una rotazione degli incarichi;
‘Le nostre vite valgono più dei loro profitti’: lo ereditiamo dalle nostre vertenze ed è un concetto oggi ancor più valido di ieri

E poi ‘R’ come:

Rinascita della Maflow, Ri-Maflow la nostra cooperativa
Recupero, Riutilizzo, Riciclo km zero: per dire no alla società degli sprechi
Riappropriazione: per riprenderci ciò che è nostro
Reddito: perché la società deve garantire a tutti il diritto a un’esistenza dignitosa
Rivolta il debito: perché il debito non l’abbiamo prodotto noi, noi siamo in credito, sono altri che devono pagare, basta con l’austerità
Rivoluzione: perché il nostro progetto è già una rivoluzione, perché bisogna cambiare le regole del gioco, perché – come diceva il regista Mario Monicelli – ‘ci vuole una bella botta, una Rivoluzione’ appunto
‘R’ è quindi la nostra bandiera…

   Il presidio permanente della Maflow serve a questo progetto:
far conoscere la cooperativa autogestita
autofinanziarla con iniziative di solidarietà e con prime attività di produzione
rivendicare un risarcimento sociale dalla proprietà  e aiuti concreti dalle istituzioni
non vogliamo essere dimenticati, vogliamo lavorare!!!

Occupy Maflow, come a Madrid, a Londra, a New York e in tutto il mondo, per dire basta allo strapotere della finanza, per dire sì al Lavoro, al Reddito e alla Dignità 
Il Comitato che gestisce il presidio vuole rappresentare simbolicamente questo percorso nuovo: lavoratrici e lavoratori espulsi, precari, disoccupati e giovani uniti per il diritto al futuro.


                                                                                                      Il Comitato ‘Occupy Maflow'

mercoledì 9 gennaio 2013

ci Risiamo

Ci risiamo parte un nuovo presidio per il Lavoro, dopo l'esperienza polacca che ha dimostrato che i padroni del mondo sono tutti uguali, Boristzew come Francione, Marchionne e Riva speculatori e terroristi economici, capaci di affamare nazioni intere e distruggere l'ecosistema dove "investono" risorse.


Un gruppo di Lavoratrici e Lavoratori, della ex Maflow e Novaceta si stanno organizzando per costituire una cooperativa che dia un reddito pulito, riciclando/ riusando rifiuti tecnologici e non, per un mondo equo e solidale, e per uno sviluppo sostenibile.
Noi usiamo TeamLab Online Office