sabato 12 febbraio 2011

Presidio dei lavoratori Maflow
Strappata promessa dialogo

Dipendenti da Trezzano a Milano, il console tedesco si è impegnato di aiutarli. I metalmeccanici: "Il diplomatico cercherà di fissarci un incontro con la multinazionale"



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Trezzano sul Naviglio, 12 febbraio 2011 - Sono tornati a far sentire la loro voce i lavoratori dello stabilimento Maflow di Trezzano sul Naviglio, ieri a Milano, dopo l’acquisto del gruppo da parte di un magnate tedesco, diventato Maflow Brs. Ieri pomeriggio, in un presidio a più riprese, i metalmeccanici trezzanesi hanno manifestato sia davanti al consolato tedesco che a poche centinaia di metri di distanza, sotto la sede dell’ufficio dei commissari straordinari che hanno seguito le varie fasi della liquidazione dell’azienda, leader nella produzioni di componenti per automobili. "Nel corso dell’incontro di agosto, tutte le istituzioni coinvolte, dal Ministero alla Regione, per proseguire con Provincia e Comune, avevano dichiarato il massimo impegno per aiutare il sito trezzanese a ripartire e permettere al nuovo imprenditore di riassorbire, come da programma, tutta la forza lavoro – spiega Massimo Lettieri, della Cub –. A mesi di distanza, però, nulla si è mosso e la situazione è drammatica. Se continua così, scaduti i termini della Prodi–bis, rischiamo la chiusura". Proprio per evitare questo e cercare di far tornare l’azienda agli splendori di un tempo, una delegazione di lavoratori ha manifestato sotto il consolato di Germania. Obiettivo: tornare a produrre pezzi Bmw. "Il nostro obiettivo è quello di sollecitare Bmw, il colosso tedesco, a riportare la produzione di alcune componenti in Italia e precisamente nello stabilimento di via Boccaccio – prosegue Lettieri –. Fortunatamente, il console ha accettato di incontrarci e si è impegnato a fare il possibile per fissarci un incontro con la multinazionale tedesca che ben conosce la nostra affidabilità e le nostre competenze".

Per oltre dieci anni, fino al fatidico 2009, Bmw era uno dei maggiori fornitori dell’azienda: ben l’80% delle commesse di lavoro, per un fatturato annuo di 20 milioni di euro, provenivano proprio dal colosso tedesco che, nel pieno della crisi che ha investito Maflow, ha sospeso gli ordini. "Dobbiamo spingere sull’acceleratore – prosegue Lettieri –. Nonostante il termine per riportare in Italia la produzione fosse fissato per il 2013, riteniamo che le commesse debbano essere riassegnate quanto prima". La manifestazione è proseguita poi sotto l’ufficio dei commissari che si sono occupati dell’amministrazione straordinaria di Maflow. "Ci sono lavoratori che da mesi aspettano la compilazione di un modulo – continua il sindacalista – ma oggi tutto sembra essersi fermato. I lavoratori che sono andati in pensione non possono accedere al Tfr perché manca la documentazione, i corsi di aggiornamento promessi da Regione Lombardia non sono iniziati e, degli impegni annunciati, poco e nulla è stato mantenuto. Se non si sblocca la situazione, il futuro è tragico". Ad oggi, infatti, nonostante in azienda siano tornati, come concordato, settanta dipendenti, la mole di lavoro è irrisoria tanto da provocare un esubero di oltre 20 persone. "Se non troviamo il modo di far aumentare la produzione – prosegue – tutto l’impegno andrà sprecato".

di Francesca Santolini

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